Storie brutte
per ragazze strambe

20 GENNAIO 2024

Il Salto

Ho la gola secca.
Stasera ho bevuto solo acqua e un tè scadente, eppure la bocca mi sembra impastata come dopo una nottata di gin economico. Il tavolo della mia stanza è pieno di cianfrusaglie: un teschietto di gesso comprato a un mercatino goth, un portacandele di metallo annerito, la mia collezione di tarocchi sparpagliata a caso. Al centro, un vecchio diario rilegato in una pelle scura e scricchiolante, preso alla biblioteca del mio paese. Ho dovuto insistere per averlo in prestito.
Forse la bibliotecaria era solo di malumore per fatti suoi, ma non credo: quando le ho chiesto di sfogliarlo, ha storto la bocca, come se stessi chiedendo di strofinare i piedi sul suo cuscino preferito. Era come se non me lo volesse dare.
Ma adesso eccolo qui, davanti a me. Lo apro e l’odore che mi investe è quello della muffa antica, dell’umidità annidata in pagine così vecchie che non mi stupirei se ci trovassi dentro l’ombra di un qualche vermetto fossilizzato. Sfioro la carta con la punta delle dita, cercando di non incrinare quei segni d’inchiostro sbiaditi. Sembra quasi polvere nera, posata lì da mani tremanti secoli fa. C’è qualcosa, nella forma delle lettere, che mi nausea. Non capisco subito perché. Mi sale su un conato silenzioso, quasi un gorgoglio. Inspiro piano, le narici pizzicano, e mi forzo a leggere.
Le parole si aggrovigliano in una lingua che non riconosco del tutto: strascichi di latino sgrammaticato, termini francesi deformi, simboli che potrei trovare solo nei miei libri di stregoneria più strambi. Mentre leggo, la pelle dell’avambraccio mi si accappona. Sento uno sfarfallio dietro la nuca, un formicolio insistente. Mi sollevo i capelli, grattandomi, quasi mi aspettassi di trovare un ragno appollaiato lì dietro.
Fuori dalla stanza sento le risate delle mie coinquiline. Televisione, Netflix, snack, la normalità più rassicurante. Ma qui, nella penombra della lampada da scrivania, capisco che c'è qualcosa che non va.

Ho la gola secca.
Stasera ho bevuto solo acqua e un tè scadente, eppure la bocca mi sembraimpastata come dopo una nottata di gin economico. Il tavolo della mia stanza èpieno di cianfrusaglie: un teschietto di gesso comprato a un mercatino goth, unportacandele di metallo annerito, la mia collezione di tarocchi sparpagliata acaso. Al centro, un vecchio diario rilegato in una pelle scura e scricchiolante,preso alla biblioteca del mio paese. Ho dovuto insistere per averlo in prestito. Forse la bibliotecaria era solo di malumore per fatti suoi, ma non credo:quando le ho chiesto di sfogliarlo, ha storto la bocca, come se stessi chiedendodi strofinare i piedi sul suo cuscino preferito. Era come se non me lo volessedare.